martedì 22 novembre 2011

Dalla Conferenza di Pechino alle azioni pratiche- parte 5



Eccoci arrivati al nostro paese, in questa quarta sezione del lavoro infatti ho raccolto la parte che riguarda l'iter nel nostro paese con alcuni riferimenti legislativi e dati statistici che vi ricordo sono aggiornati al 2007, anno di questa ricerca. Buona lettura.




Dalla Conferenza di Pechino alle azioni pratiche
di Silvia Palandri




Italia
Con i movimenti di protesta femminile-femminista degli anni’60 si assiste, per la prima volta in modo collettivo, ad una rivendicazione della condizione delle donne. La sensibilità rispetto a questa visione, che si esprime anche in una richiesta di riconoscimento di un’ identità corporale della donna, è uno dei capi saldi del movimento femminista che portò a creare direttivi, associazioni e centri di donne per le donne che ebbero il merito di alimentare e sviluppare questa realtà anche e soprattutto nelle donne stesse. A questa eredità, che non interessa esclusivamente solo l’Italia, fanno capo le numerose associazioni che si occupano di far fronte ai bisogni e alle condizioni più disagiate in cui le donne possono trovarsi; l’azione di numerosi centri anti-violenza diramati sull’intero territorio nazionale, che da decenni si occupano di fornire aiuto e sostegno alle donne vittime di violenza, ne sono un esempio. E proprio questi centri sono diventati punti di riferimento non solo per le donne che necessitano di aiuto ma anche per le istituzioni che ne seguono l’operato e se ne avvalgono quali soggetti qualificati per esperienza e conoscenza, come l’associazione Le Onde Onlus che fa da catalizzatore nel progetto nazionale della rete dei centri anti violenza proprio per la sua pluriennale attività .

Brevi accenni alla situazione legislativa
A livello giuridico l’Italia conosce in questo ambito un percorso recente e frammentato, che parte dagli anni ’70, con la Riforma del Diritto di Famiglia e l’abolizione, tra le altre cose, dell’autorità maritale e cioè la facoltà da parte del marito di poter usare mezzi di correzione nei confronti della propria moglie, l’istituzione della reciprocità dei diritti e dei doveri tra coniugi e il divieto di costituzione di dote che sembra essere, almeno nelle intenzioni, un rigetto di quel valore economico da sempre attribuito alle donne.
Il cammino di riforme legislative riprende poi negli anni ’90, con la legge n. 66 del 1996 che, per la prima volta, legifera sul tema della violenza sessuale tramutando il reato, prima ritenuto esclusivamente un atto contro la morale pubblica, in reato contro la persona riconoscendo piena soggettività al corpo e alla dignità femminile e con un Disegno di Legge contro le molestie sessuali presentato nel luglio dello stesso anno con cui si modifica la procedura penale riguardo le molestie sessuali, fino ad arrivare alla Legge n. 154 del 2001, che stabilisce le misure contro la violenza nelle relazioni familiari e che prevede l’ordine di allontanamento del coniuge violento dal nucleo familiare. Con tutta una serie di iniziative legislative di riforme sociali come la legge n. 328 del 2000 per attuare reti di servizi sociali e la legge n. 228 del 2003 che delinea le misure contro la tratta delle persone, l’Italia continua il suo lento cammino nel cercare di rimediare alle sue lacune giuridiche su temi di importanza e di rilievo sociale che troppo spesso, da molto tempo, vengono messe in risalto nelle cronache dei giornali italiani e che, come nel caso della violenza domestica, sembrano scenari ineluttabili.
Alcuni esempi pratici

L’Italia, pur non avendo adottato un Piano d’Azione Nazionale per il contrasto alla violenza contro le donne, ha comunque realizzato una serie di interventi molto importanti.
Con l’attuazione, nel 1998, della “Rete Urbana Anti-Violenza”, che comprende associazioni, servizi sociali e centri anti-violenza, finanziata dai fondi europei nell’ambito del progetto “Daphne”, l’Italia è riuscita a creare una banca dati che testimonia quanto la violenza sia un fenomeno sociale molto diffuso, che interessa il privato delle relazioni personali.
La Rete ha il molteplice scopo di essere un punto di riferimento per coloro che si occupano di queste tematiche, con funzioni di supporto ai centri anti-violenza già attivi; di ampliare e sviluppare ulteriormente questa Rete attraverso un’azione di sensibilizzazione sociale e professionale rivolta al personale che si trova a contatto con queste realtà; di costituire un quadro di riferimento da cui attingere informazioni e riflessioni che permettano di sviluppare delle politiche specifiche in favore delle donne vittime di violenza e promuovere una strategia nazionale di intervento e un Piano di Azione interministeriale per prevenire e contrastare il fenomeno della violenza contro le donnei.
Come naturale svolgimento delle politiche in questa direzione è stato attivato nel marzo 2006 un numero unico anti-violenza, il 1522, con il triplice obiettivo di essere un punto di riferimento a livello nazionale per quelle donne bisognose di aiuto e per le istituzioni, ed uno strumento di risonanza sociale per dare visibilità a questo problema. Il call center è attivo 24 ore su 24 e per 365 giorni all’anno, si avvale di personale qualificato, esclusivamente femminile e supportato da psicologhe e avvocati, che indirizza le donne in base ai vari servizi diramati sul territorio locale al più vicino centro, sia di accoglienza che sanitario o delle forze dell’ordine, in grado di dare assistenza anche immediata nelle situazioni di emergenza, seppure, in questo ultimo caso, solo in alcune località specifiche che riguardano 20 città o distretti socio-sanitari che presentano strutture già avviate nell’attività di ricezione e aiuto alle donne vittime di violenza.
E’ stato creato un portale con una doppia funzione di diffusione delle conoscenze, buone prassi ed esperienze nella lotta alla violenza contro le donne e una parte riservata ai fornitori dei servizi alle donne vittime di violenza, con lo scopo di mettere a loro disposizione strumenti di supporto alla loro attività.
Tra i progetti futuri che si vogliono attuare, come ulteriore azione nella prevenzione e contrasto alla violenza, c’è l’idea di un Osservatorio Nazionale (la cui creazione è stata approvata nell’ambito della Finanziaria 2006), concepito come un luogo da cui monitorare, ma anche coordinare, gli interventi realizzati in questo ambito da parte di soggetti pubblici, privati, volontari, da cui ricavare quelle informazioni utili a tutti coloro che operano in questo settore, in un’ottica di rafforzamento della cooperazione, e quindi maggiore integrazione, tra istituzioni ed associazioniii anche allo scopo di colmare la mancanza di un Piano di Azione Nazionale.
In occasione della giornata mondiale contro la violenza sulle donne, il 25 novembre, si è tornati a parlare di questo Osservatorio e di una altrettanto necessaria adozione di una legge contro la violenza sulle donne che preveda pene più severe per quelle violenze che abbiano l’aggravante di genere. E proprio per la fine del 2006 è stata presentata una proposta di legge sulla violenza domestica, che ora dovrà essere approvata, che prevede pene più severe e le aggravanti richieste per reati di violenza di genere e nella fattispecie per le violenze domestiche ma anche misure di prevenzione, venendo così incontro alle richieste dei movimenti associativi femminili da anni impegnati su questo fronte. Tra le misure previste dal disegno di legge rientrano i piani di protezione delle vittime, la specifica di livelli minimi di prestazioni a cui le donne vittime di violenze hanno diritto, le azioni di supporto psicologico, sanitario e previdenziale e di reinserimento lavorativo per le vittime e la possibilità, per la Presidenza del Consiglio dei Ministri di costituirsi parte civile nei processi per atti discriminatori e per gli enti erogatori di servizi alle vittime, di intervenire in giudizio nei processi per violenza, nonché una adeguata formazione per il personale docente e sanitario e un registro dei centri anti-violenza presso il Dipartimento per i Diritti e le Pari Opportunità che permetterà un monitoraggio più efficiente di questo fenomeno e allo stesso tempo garantirà uno standard qualitativo dei servizi offerti alle donne vittime di violenzaiii. Questa proposta di legge indubbiamente fa fare grandi passi in avanti all’Italia nel cammino verso una più adeguata risposta sociale, civile e legale ad una realtà sempre più preoccupante.
Un altro caso di buona prassi in Italia è quella che riguarda le attività promosse da diversi uomini, che si sono costituiti nell’ Associazione “Plurale Maschile”, che si occupa di auto-riflessione sui rapporti tra uomini e donne.
Tra le diverse iniziative da loro intraprese negli ultimi mesi, c’è stata l’adozione e la diffusione di una petizione per contrastare la violenza sulle donne che è stata anche tradotta in lingua spagnola. Questa iniziativa è nata a fronte dei sempre più numerosi casi di violenza registrati dalle cronache italiane nell’anno appena passato e ai quali questo gruppo di uomini non è rimasto indifferente. Hanno cercato di rintracciarne le cause e denunciato in primis il ruolo dell’uomo nell’ambito delle relazioni di genere che sono alla base della violenza contro le donne.
Questa petizione ha riscosso molto interesse anche all’estero mentre in Italia, ancora oggi, si parla poco di iniziative come questa che potrebbero invece avere un alto valore simbolico e di significazione. Uno degli obiettivi dell’associazione, per la quale gli uomini devono soprattutto guardare a se stessi per capire e cambiare, è quello di promuovere una partecipazione più attiva da parte di questi ad iniziative come quelle sopra descritte per poter così ampliare e amplificare le azioni delle istituzioni e delle associazioni e sensibilizzare di più la popolazione maschile e femminile sulla realtà delle violenze contro le donne.
Alcuni dati statistici
L’analisi del fenomeno della violenza sulle donne è stato affidato da anni all’Istat il cui primo studio risale al 1997. Una seconda e più recente rilevazione è avvenuta nel 2002 ma lo studio si è centrato sull’analisi delle violenze più evidenti quali aggrssioni fisiche da parte di sconosciuti, molestie sessuali sul luogo di lavoro, telefonate oscene. L’Istat si è soffermata sull’aspetto del fenomeno violenza rispetto al sentimento di sicurezza vissuto dai cittadini,; questa impostazione impoverisce quindi l’apporto che questo studio avrebbe potuto adre alla conoscenza del fenomeno delle violenze in ambito domestico. E’ tuttavia importante sottolineare come sia rilevare la violenza familiare sia molto difficile per la scrsa propensione delle vittime di parlare dell’accaduto o di denunciare i propri aggressori quando questi sono i loro mariti o partner, infatti i dati che emergono dalla ricerca dimostrano che la maggior parte delle denunce per violenza, nella fattispecie di tipo sessuale, interessano aggressori sconosciuti dalle vittime, infatti solo il 22.6% dei tentativi di violenza sessuale e il 18% delle violenze è commesso da estraneiiv, si ricava quindi che la maggior parte degli aggressori è conosciuta dalle vittime e si tratta di mariti, fidanzati, ex partner, amici e parenti.
Dai dati che si ricavano si sono individuati cinque gruppi in cui si raggruppano altrettante tipologie di violenza, quello della violenza domestica rappresenta un 4,9% sul totale degli altri gruppi. Quello che tuttavia, nonostante le lacune di questo studio, emerge è che, spesso, come più volte sottolineato, l’autore delle violenze è il marito (52,1%) e il luogo dove di frequente avviene la violenza è la casa della vittima (70,8%).
Questa inchiesta però presenta il limite di essersi focalizzata sulla violenza e sulle molestie di tipo sessuale che non possono di certo riguardare l’intera e complessa realtà del fenomeno della violenza domestica che quindi non risulta sufficientemente analizzato. Per questo motivo l’Istat ha effettuato nel 2006 un più recente studio volto proprio a mettere in luce la violenza nelle sue diverse manifestazioni, ci si è focalizzati sui diversi aspetti dei maltrattamenti verbali quali le umiliazioni o gli insulti, psicologici come i ricatti o le minacce, economici quali le limitazioni dell’uso del denaro personale e familiare, fisici come schiaffi, pugni, tentativi di soffocamento, e sessuali quali stupro, rapporti umilianti e degradanti e molestie sessuali. La base di riferimento per questo nuovo studio sono state 25.000 donne in una età compresa tra i 16 e i 70 anni. Queste nuove statistiche tuttavia non sono ancora state rese disponibili.
Il Ministero dell’Interno, invece ha reso noto uno studio dell’EURES-ANSA del 2005 sul tema dell’omicidio volontario da cui si apprende che 1 omicidio su 4 in Italia avviene tra le mura domestiche e che il 70% delle vittime sono donne e in 8 casi su 10 l’autore è un uomo. La cifra che interessa il nostro paese per l’anno 2005 rispetto agli omicidi in famiglia è di 138 donne uccise. Mentre per un’analisi dell’IPSOS in Italia nell’85% dei casi l’autore della violenza è il marito o il conviventev.
Per poter avere una visione più reale del fenomeno conviene rifarsi ai Centri Anti-violenza e ai numeri di aiuto telefonico che con la lor attività sono in grado di fornire un’analisi che si focalizza sulla violenza in ambito familiare, infatti lo stao civile della persona che più si riferisce a questi centri è quello di coniugata, tanto che l’età media di chi usufruisce di questi servizi si attesta tra i 30 e i 40 anni. Mentre il livello di istruzione delle vittime non rappresenta una caratteristica il chè ci fa capire che è un fenomeno che non risparmia nessuna classe sociale, si ha infatti una percentuale del 34% a Palermo di donne con un’istruzione di tipo elementare mentre un 25% a Venezia di donne con un livello medio-alto. Spesso all’istruzione poi è legata anche l’esistenza di una situazione professionale ed è indubbio che le donne che non hanno una propria indipendenza economica o una situazione lavorativa precaria sono svantaggiate ed hanno più difficoltà a percepire e riconoscere la violenza come tale, soffrendo evidentemente di dipendenza psicologica oltre che economica, dal proprio partner e di una scarsa stima di se stesse.
I centri anti-violenza quindi rappresentano un importante punto di riferimento per l’analisi di questo fenomeno che spesso rimane celato all’interno delle mura domestiche anche se hanno il limite di riguardare solo coloro che hanno avuto la forza di rivolgersi a questi centri, importante allora sarà l’azione di raccordo e collaborazione che l’Osservatorio Nazionale dovrà mettere in pratica.


i Sito della rete anti-violenza “Arianna”: www.antiviolenzadonna.it.
ii Sito di riferimento per il numero anti-violenza nazionale: www.cipedipartimentopariopportunita.com.
iii DDL “Misure di sensibilizzazione e di prevenzione, nonché repressione dei delitti contro la persona e nell’ambito della famiglia, per l’orientamento sessuale, l’identità di genere ed ogni altra causa di discriminazione”.
iv Per ogni riferimento si veda il Manuale Liberté Féminine et Violence contre le femmes, outils de travail pour des interventions avec orientations de genre, 2001, consultabile sul sito www.retepariopportunita.it/Rete_Pari_opportunita/UserFiles/pubblicazioni/urban-cosenza-francese.pdf.

v Si vedano i dati del Ministero dell’Interno, Dipartimento Pubblica Sicurezza, “Numero dei delitti che ha come vittime persone di sesso femminile”, reperibile sul sito www.pariopportunita.gov.it/DefaultDesktop.aspx?doc=1009.