martedì 29 luglio 2014

Contro il femminismo, perchè il movimento non serve più...




Ci si sta domandando anche al di qua dell’oceano cosa stia succedendo nella patria di Elisabeth Cady Stanton, Lucrezia Mott e Amelia Bloomer. Di questi tempi nel paese nel quale una donna ha raggiunto un posto insperato e impensabile arrivando a scalare i vertici della CIA ma dove allo stesso tempo il dibattito politico affronta anche il tema delle donne all’età della Bibbia alla quale le si vuole riportare, una larga presenza di donne ha pensato e voluto manifestare il proprio benessere, ormai raggiunto e conclamato, un benessere che nulla deve al femminismo, anzi.
Sempre più donne stanno sostenendo negli Stati Uniti il movimento contro il femminismo nato dall’esigenza di alcune, molte, di esprimere la loro opinione per la quale esiste l’uguaglianza e quindi la donna, le donne sono libere, il sesso è libero, la donna non subisce più e quindi ecco fatto il femminismo ha tirato le cuoia, è una cosa ormai vetusta ed inutile, può essere rottamata, è ormai un vecchio brand fatto di stupidi ed inutili slogan sorpassati: “il corpo è mio e lo gestisco io” è superato anche solo da una puntata di "Sex and the City".

La donna può andare in giro vestita come vuole, la donna è padrona del suo corpo, non smette di ricordarcelo la comunicazione a tutti i suoi livelli: la tv ce ne dà esempi egregi tra décolleté gratuiti e cosce al vento e molto di più, anche quando si tratta di vendere vernici antiruggine o materassi indeformabili.
"Up to and Including Her limits", Carolee Schneeman, 1973-76.

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Quindi la donna è libera di esibire il proprio corpo...ma ci si dimentica che, ammesso che di libertà si possa parlare, questa è riservata a chi risponde a determinati canoni, estetici e di età per i quali siamo costrette-i a vedere cinquantenni in competizione con le adolescenti, tanto che alcune di queste ultra cinquantenni si  sentono spronate, direi più che altro obbligate, a mantenersi “giovani” per poter continuare a lavorare o per avere la considerazione dei colleghi e questo in tanti ambienti professionali, non solo di spettacolo.
Ma la donna lavora e quindi è emancipata, può provvedere a se stessa e agli altri perché con il suo lavoro produce reddito quindi il femminismo non serve più davvero, siamo assolutamente uguali agli uomini ormai, non dipendiamo più da loro...vero! Ma in parte, perché se è vero che stiamo meglio delle nostre bisnonne che non avevano un’alternativa ai propri lavori domestici noi invece usciamo di casa per recarci a lavoro, salvo però ahinoi avere una retribuzione più bassa a parità di mansione, e sulla base di nessuna valutazione oggettiva, come l’Istat ormai da anni monitorizza e sulla cui disparità di salario anche il presidente Obama ha speso qualche parola non molto tempo fa per ribadire la necessità di un adeguamento dei salari femminili. 
A queste, numerose, donne che si pensano emancipate e libere fanno da contraltare per fortuna tante altre che, in suolo anglosassone,  in pochissimo tempo hanno riempito la bacheca di un progetto, diventato oramai internazionale,  che ha raccolto  le loro numerose esperienze di sessismo quotidiano.


Perché se è vero che il femminismo della seconda ondata, quello degli anni ‘60/’70 come sostiene qualcuno ha fallito politicamente e non è aperto alle critiche, né a mio avviso ad altre visioni femministe, il femminismo di per se’, si sa,  non esiste, é tante correnti eterogenee e l’errore, a mio avviso, è anche quello di identificarlo solo con quello del “mitico ’68” a cui dobbiamo comunque molto ma che ha dimostrato tutti i suoi limiti, anche in questa occasione, primo fra tutti l’intransigenza, verso gli altri femminismi, quasi delegittimati, e in generale verso chiunque altro, l’essere maschile in primis. 

Sono d’accordo con chi sostiene invece l’esigenza di ascoltare le voci che nascono da questo “movimento” antifemminista e non assumere l’atteggiamento appunto di quelle che dai cortei e dalle piazze si mettono in cattedra e si fregiano del “marchio” del femminismo etichettando tutto il resto come insulso, stupido e privo di interesse. Ascoltare invece il dissenso è sempre utile, utile proprio alla causa, perché è utile sapere cosa sta accadendo perché ciò è il risultato di tanti fattori sui quali si deve quindi andare ad agire in modo evidentemente diverso dal passato se qualcosa non ha funzionato e questo è possibile solo analizzando gli effetti prodotti dalla propria azione che comunque non deve essere mai rinnegata.

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Quindi, per alcune, la donna è libera, il femminismo non serve davvero più, la donna, le donne, sono ormai emancipate, al pari degli uomini, ogni esigenza è stata soddisfatta: è morto il femminismo, w il femminismo. A me sembra invece che oggi come ieri, in un paese in cui stiamo ancora aspettando la nomina di una consigliera alle pari opportunità, alle quali non è stata riconosciuta neanche la dignità di una nomina ministeriale; in cui una donna subisce violenza domestica e viene uccisa con una triste media ogni due giorni; in cui la violenza sessuale è ancora "cercata", oggi come ieri, il privato deve essere pubblico per non ricadere nella tentazione di credere di essere completamente libere, che tutto è superato e  nulla resta da fare, la libertà va coltivata ma anche monitorizzata.

"Historical Dictionary of Feminist Philosophy" by Catherine Villanueva Gardner 

Non serve davvero più parlare della “condizione della donna”? Di cultura e di immagine che della donna ci viene proposta? Di studi di genere che ci mettono nella condizione di prenderci un posto nella storia che di fatto è nostro? Quel ruolo che abbiamo e abbiamo avuto nella società e che è stato omesso, obbligandoci a una damnatio memoriae che è difficile colmare ma che tuttavia è necessario ed imperativo recuperare, perché noi non siamo solo la nostra immagine, o meglio quella che altri ne danno ma che finisce per appartenerci, non siamo solo casalinghe disperate o manager sole e dal cuore freddo, non possiamo essere solo un’eccezione nella storia e nello sviluppo dell’umanità; quando capiremo questo allora forse sì qualcosa cambierà veramente e si potrà guardare anche ad altre realtà del femminismo che risponderanno meglio a nuove esigenze più attinenti a nuove attualità.
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